Segnalazioni editoriali

È online il bollettino sull’attività scientifica dell’Istituto Italiano di Studi Germanici: rivista.studigermanici.it/index.php/studigermanici/issue/view/133

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È online il fascicolo 13 (2018) di "Studi Germanici": rivista.studigermanici.it/index.php/studigermanici/issue/view/131

Nel fatidico 1918 avvennero eventi che cambiarono la storia del mondo con la caduta dei quattro imperi zarista, ottomano, austroungarico e il Secondo Reich. Questi tragici eventi trovarono un loro rispecchianti in opere veramente epocali, tra cui "Il tramonto dell'Occidente" di Spengler, le "Considerazioni di un impolitico" di Thomas Mann, "Lo spirito dell'Utopia" di Ernst Bloch. La loro rilettura, esattamente dopo un secolo, risulta più che mai attuale e intrigante anche per le diagnosi del nostro tempo, insicuro, disorientato, travolto da una crisi di identità, che era stata già percepita con intensa lucidità medianica da questi scrittori. Le opere quasi profetiche, ambigue e affascinanti apparvero contemporaneamente nel 1918, l’anno tedesco.

Il volume presenta la letteratura di lingua tedesca dalla costruzione del Muro di Berlino ai giorni nostri, tracciandone un bilancio anche attraverso le sue relazioni con il cinema e con i “mediatori del ricordo”, come la fotografia, la radio, la televisione e il web. La prima parte ripercorre la produzione di autori come Peter Weiss, Johannes Bobrowski, Elias Canetti e Thomas Bernhard, che vissero in prima persona il regime hitleriano e che, durante gli anni della divisione tedesca, hanno innalzato la prosa, la lirica e il teatro a luogo di riconciliazione individuale e collettiva con la storia recente della Germania e dell’Austria. Attorno al “passato che non passa” e alla sua elaborazione si sviluppa la seconda parte, che si focalizza sulla produzione letteraria successiva alla riunificazione tedesca di scrittori come Durs Grünbein, Herta Müller, W. G. Sebald e Bernhard Schlink, discutendone anche in prospettiva multimediale il rapporto con il dodicennio nero, con la divisione della nazione e con l’Ostalgie.

Il volume ripercorre le fasi della ricostruzione culturale della Germania ridotta in macerie dopo la Seconda guerra mondiale, dipanando i fili della complessa trama politica, filosofica e storico-letteraria del periodo compreso fra la capitolazione del Terzo Reich e l’erezione del Muro di Berlino. L’opera di autori tedeschi, svizzeri e austriaci rientrati dall’esilio o riemersi dall’emigrazione interna dopo il nazismo è posta in dialogo con la scrittura dei sopravvissuti alla Shoah e alle persecuzioni politiche hitleriane grazie all’individuazione di alcuni nuclei tematici fondamentali per la letteratura d’Oltralpe: le ricadute del Terzo Reich e delle politiche degli alleati sullo “spirito tedesco”, l’estetizzazione del secondo conflitto mondiale e la concezione della poesia dopo Auschwitz come «un atto di barbarie», la questione della «colpa collettiva» e della responsabilità individuale per i crimini compiuti durante il regime. È in questo quadro generale che si inseriscono i profili – tratteggiati dettagliatamente nel volume – di tre autori canonici della letteratura tedesca contemporanea: Hans Magnus Enzensberger, Günter Grass e Christa Wolf.

Ziel des Bandes ist es, die Erscheinungsformen des Deutschen in alten sog. Sprachinseldialekten (Walserdeutsch, Zimbrisch, Fersentalerisch, Plodarisch, Sauranisch, Tischelwangerisch) und als regionale Mehrheitssprache in Südtirol auf den wesentlichen linguistischen Systemebenen (Phonetik/Phonologie, Morphologie, Syntax, Lexikon) herauszuarbeiten. Da deutsche Varietäten in jedem Fall Teil mehrsprachiger Repertoires sind, wird dabei besonders der Frage nachgegangen, ob und inwieweit kontaktinduzierter Sprachwandel stattgefunden hat oder derzeit stattfindet. Die im Band vertretenen Themen, Autoren und Institutionen spiegeln die Breite der Erforschung des Deutschen als Minderheitensprache in Italien wider. Bezüglich der thematischen Schwerpunktsetzungen sind sie gleichzeitig ein Abbild der Sprachwissenschaft in Italien: In je drei Beiträgen stehen phonetisch-phonologische und lexikalische Fragestellungen im Mittelpunkt, ein Beitrag behandelt die Morphologie, fünf Beiträge sind syntaktische Studien. Alle Beiträge sind in deutscher Sprache verfasst und so angelegt und ausgeführt, dass die Inhalte jedem Leser unabhängig von der eigenen theoretischen Orientierung und Spezialisierung zugänglich sind.

Oltre ai contributi dei curatori, il volume contiene saggi di: Albert De Lange, Andrea Benedetti, Daniele Garota, Carlo Gentili, Paolo Ricca, Piero Stefani, Aldo Venturelli, Michael Welker.

Indice: www.friedrich-verlag.de/shop/downloads/dl/file/id/40723/product/19638/inhaltsverzeichnis.pdf

Un memorabile confronto tra Lernet-Holenia e Gottfried Benn. Tra il settembre e l’ottobre del 1952, in Germania, le colonne della «Neue Zeitung» ospitarono un denso, memorabile dialogo-confronto – attraverso due lettere aperte – tra Lernet-Holenia e Gottfried Benn. Il tema non avrebbe potuto essere più arduo: la natura dell’arte. E le posizioni non avrebbero potuto essere più distanti: da una parte Lernet-Holenia, affermando il vincolo indissolubile tra la poesia e il divenire storico, esortava il suo interlocutore: «Sarebbe tempo che Lei parlasse anche alla nazione ... rompa gli indugi e si rivolga agli altri, in quei grandi dialoghi sui quali si fonda ogni vera poesia»; dall’altra Benn, per il quale la poesia non poteva che essere invece «un’arte monologica», rispondeva con quello che si può considerare, oggi, il suo testamento spirituale: «Esprimi il tuo io: al tu consegnerai allora la tua vita, alla comunità e alla lontananza consegnerai allora la tua solitudine». Al carteggio si accompagna il saggio Nietzsche - dopo cinquant’anni nella traduzione di Luciano Zagari apparsa in Lo smalto sul nulla.

Un uomo, un leone e un uovo al tegame. Uomini, animali e oggetti. L’opera centrale della Trilogia degli animali del drammaturgo contemporaneo tedesco Roland Schimmelpfennig, Il Regno degli Animali, affronta tematiche di estrema attualità: il mondo del lavoro, il capitalismo, la perdita dell’identità, di un impiego e della possibilità di agire e cambiare, l’insicurezza, la paura, la distruzione del concetto di comunità, l’assurda logica dei meccanismi di potere e infine, per mezzo della metafora meta-teatrale, il fluido passaggio dell’uomo all’animale e all’oggetto.

In Germania, per le particolari condizioni storico-culturali del Reich, si esprimeva, in maniera più evidente e acuta che altrove, il disagio spirituale che si andava diffondendo nella cultura europea e che corrodeva il nucleo stesso della concezione razionalistica, risvegliando un vivace interesse per esperienze rituali e simboliche, affermate dalle società segrete e specialmente dalla massoneria. In loggia ci si poteva abbandonare, senza timore di passare per bigotto, alla commozione e alla malinconia per la limitatezza individuale e all'ansia mistica per una luce più ardente di quella della ragione. Ciò che costituiva l'attrattiva culturale di tale singolare atmosfera settecentesca era l'insolita commistione tra un diffuso entusiasmo intellettuale che animava le indagini culturali del secolo e un aristocratico senso di noia, una sorta di intimo fastidio per la monotonia quotidiana, un malessere, questo, provocato da un eccessivo intellettualismo, ma anche dall'impazienza, dall'attesa per accadimenti e scoperte nuove.

L'opera culturale e letteraria di Adolph Knigge (1752-1796) è ricca di contraddizioni che hanno reso ardua la comprensione storica di questo singolare personaggio della cultura tedesca verso la fine del Settecento. L'analisi delle opere letterarie, come pure dell'attività massonica, illuminata e politica di Knigge può contribuire a precisare la specificità storica della crisi finale della cultura illuministica in Germania, esaminata dal suo interno e non giudicata col metro “impietoso” dei suoi superamenti classici e romantici.


Con contributi di: R. Calzoni, M. Cavalleri, F. Ferrari, M. Latini, S. Marino, E.S. Storace, F.R. Recchia Luciani, A. Tommasi, e con un inedito di G. Anders.

Tramite la creazione di storie, l’uomo organizza l’esperienza di sé e del mondo, il proprio vissuto, biologico e immaginario, la propria identità. E, a volte, attinge alla bellezza, nella configurazione stilistico-simbolica del testo letterario e nella sua fruizione. In Storie Menti Mondi, l’esperienza letteraria viene indagata come fenomeno dinamico, fisiologico, emotivo e cognitivo, in relazione ai processi mentali che generano il proprium di ogni creazione artistica e lo riconfigurano nell’atto della lettura. A partire dalle specificità linguistiche, formali, stilistiche e simboliche di un’opera, la neuroermeneutica consente di interpretare il testo come dispositivo di ricerca antropologica, in quanto spazio privilegiato per una riflessione sui processi di ordine fisico, emotivo e cognitivo implicati dall’immaginazione tanto nell’atto creativo che in quello della fruizione estetica. Alla luce di tale approccio, che tiene conto dell’interazione fra ermeneutica, antropologia letteraria, studi sulla cognizione, sulla simulazione incarnata, sull’empatia e sui correlati neurali dell’esperienza estetica, è possibile dischiudere nuove prospettive critiche in merito all’esegesi del testo, come anche in relazione alla cultura in cui ogni opera s’inscrive, e offrire nuovi spunti di riflessione sui processi della mente impegnata nell’immaginazione creativa e fruitiva di storie: infiniti mondi, che si condensano e riaffiorano dalle pagine, tramite cui l’essere umano tenta di costruire significati sempre nuovi per il suo essere nel mondo, in una esauribile tensione verso la bellezza.

La poetologia della conoscenza di Heinrich von Kleist si configura come un viaggio nella mente umana, nelle sue capacità conoscitive e immaginative, nelle sue labilità e nei suoi trascendimenti. La totalità romantica è infranta e il linguaggio è il materiale magmatico di attraversamento del reale e della mente: in ciò si esprime un progetto epistemico che, muovendo dall’orizzonte biologico della corporeità, si realizza in virtù della forza poietica del linguaggio, nella narrazione.
La scrittura di Heinrich von Kleist è caratterizzata da una processualità narrativa e da una ricerca sulla realtà messe in atto attraverso veri e propri esperimenti, sempre animati dalla sfida che lo scrittore lancia ai limiti della parola e della capacità umana di conoscere la realtà. Vivendo in prima persona, nella sua tormentosa vicenda biografica, la sconfitta e l’inadeguatezza umana rispetto al reale, tramite una paradossale narrazione sperimentale, Kleist realizza una poetologia della conoscenza sulle dinamiche del mondo fisico, del pensiero, della storia. In essa s’invera il progetto utopico di correggere la vita, d’illuminare l’opacità del mondo, di oltrepassare l’angusto spazio dell’esistenza.

Contributi di Alessandro Baldacci, Marco Rispoli, Luca Zenobi, Elena Agazzi, Marco Meli, Paola Quadrelli, Giulia Cantarutti, Tatiana Bisanti, Sotera Fornaro, Maurizio Pirro, Stefania De Lucia, Gabriele Guerra, Amelia Valtolina
Il distacco dalla Storia in cui Gottfried Benn coltivò il suo pensiero, e la conseguente scelta di un intellettualismo che proprio perla sua ferocia ci appare oggi paradossalmente militante, un sovrano atto di resistenza, possono dirci ancora molto della realtà del mondo storico e della condizione umana, anche quella odierna (...) Un discorso critico sull'intelligenza poetica di questa parola e sulla sua presenza in diverse fasi della recente storia culturale, qui ricostruite per la prima volta in una sorta di ritratto italiano dell'opera di Benn, si sostanzia, in termini più generali, soprattutto come discorso sul rapporto tra la cultura tedesca e la cultura italiana,nonché come spunto di riflessione sul ruolo e il significato della poesia in una impoetica contemporaneità.

Con questo primo numero, dedicato al tema del rapporto fra verità e menzogna, si dà inizio ai «Quaderni di Germanistica» promossi dall’Associazione Italiana di Germanistica (AIG). Seguito a un call for papers fra i soci, questo volume ha inteso promuovere una nuova pubblicazione che attesti l’esito di studi e ricerche su singoli temi, di volta in volta scelti e proposti dai curatori, membri della Giunta, come nuclei tematici privilegiati. In una prospettiva corale, aperta a tutti i soci, si intende presentare un discorso che dia il segno della ricchezza dei punti di vista nonché delle differenze di metodi e di approcci interni alla germanistica italiana. Ai saggi dei soci si sono voluti aggiungere due contributi di colleghi tedeschi, Mathias Mayer e Jörg Meibaur, che vogliamo qui ringraziare per la loro calorosa adesione alla nostra iniziativa.

La consapevolezza di essere un autore risiede per me nel tentativo di diventare, con i miei mezzi e con la maggiore qualità letteraria e intellettuale possibile, un Sartre del mio tempo". Quest'affermazione di Robert Menasse riassume bene il programma artistico ed etico di un autore che ha fatto dell'indagine critica della contemporaneità il senso stesso della scrittura. A partire dalla fine degli anni Ottanta, la sua ricca produzione saggistica e squisitamente letteraria pone sotto la lente di ingrandimento la realtà sociale, politica e culturale non solo dell'Austria, ma dell'intera Europa. Scrittore colto e attento, Menasse mostra con lucidità, attraverso l'uso della parodia, della citazione letteraria e dell'auto-citazione, un presente che, senza alcuna consapevolezza, persevera negli errori del passato e si prepara a ripeterli in futuro. Nella sua scrittura dal procedere raffinatamente post-moderno, il pensiero hegeliano e una nuova filosofia della storia si intrecciano a una rappresentazione chiara, spesso umoristica, dell'oggi e delle sue storture.
Il volume presenta al pubblico italiano lo scrittore austriaco, vincitore del Deutscher Buchpreis per l'anno 2017, analizzando i nodi tematici e le qualità artistiche della sua stimolante produzione saggistica, narrativa e drammaturgica.