Segnalazioni editoriali

l volume raccoglie ventuno saggi scritti nell’arco degli ultimi quindici anni e usciti in rivista oppure in volumi collettanei, rivisti, modificati, aggiornati, in alcuni casi tradotti dall’autore. In larga prevalenza si tratta di saggi sul cinema tedesco e sull’Autorenkino che si articolano intorno a tre assi principali.
Il primo è il rapporto fra cinema e letteratura, con saggi su trasposizioni da opere di Hoffmann, Kleist, Fontane, Kafka, Th. Mann, Schnitzler realizzate da registi del calibro di Orson Welles, Luchino Visconti, Rainer Werner Fassbinder e altri non meno importanti. La seconda parte si concentra sul rapporto privilegiato fra cinema e storia in area tedesca con alcuni case studies per esempio su cinema e guerra, cinema e terrorismo con l’analisi di pellicole di registi come Alexander Kluge e Michael Haneke. La terza parte, infine, riguarda i rapporti fra Germania e Italia, cinque saggi che cercano dai più diversi punti di vista di illuminare questa talora controversa relazione.

Questo volume indaga le modalità attraverso le quali determinati concetti, metafore e narrazioni «migrano» non solo da un ambito lessicale a un altro, ma soprattutto da una nazione all’altra, aprendo così la via a uno studio transnazionale della letteratura e della traduzione. Focalizzandosi sulla lingua letteraria tedesca, i saggi qui raccolti dimostrano, inoltre, che tale transito fra ambiti e lingue è sempre un processo dinamico e basato sulla «traduzione», cioè sul «portare altrove» un concetto, una metafora o una narrazione attraverso un atto linguistico che diventa un gesto di disseminazione e circolazione del sapere fra culture differenti.
Saggi di Elena Agazzi, Laura Balbiani, Bruno Berni, Raul Calzoni, Gloria Colombo, Guglielmo Gabbiadini, Lucia Salvato, Silvia Vezzoli e Ada Vigliani.

A differenza delle numerose illustrazioni della morte apparente di Biancaneve nella bara di cristallo, del sonno centenario della bella addormentata, quali immagini ci vengono in mente per la scena di Cappuccetto Rosso nella pancia del lupo? Le tre fiabe grimmiane ci consegnano dapprima la presenza di due assenze — morte apparente, sonno — e poi il buio, l’assenza di un’assenza: ognuna di esse avviene come dall’interno di una immaginaria crisalide, un rifugio intimo e protetto, che consente un passaggio alla successiva fase di sviluppo. Preceduto dai luoghi preparatori della casa e del bosco, in cui liberarsi della vecchia identità e rinascere come donne nuove, è nello spazio aprospettico della fiaba, riflesso di antichi riti di passaggio, che le metamorfosi fisiche ed esistenziali si compiono nei pressi di luoghi liminali tra vita e morte, essere umano e mondo, habitus e habitat, cultura e ambiente, finitezza costitutiva dell’essere umano e il necessario ampliarsi verso spazi originari.

Con il titolo Augusta Bolte si presenta per la prima volta in lingua italiana e in edizione commentata il “Sensationsroman”, in forma di tesi di dottorato con note a piè di pagina, di Kurt Schwitters, originariamente pubblicato come Tran Nr. 30. Auguste Bolte (Ein Lebertran) dalla casa editrice Der Sturm di Berlino nel 1923. Questo testo è seguito dalla traduzione della poesia AN ANNA BLUME! (A ANNA BELFIORE!), il componimento più noto ed emblematico dell’artista. La versione italiana si basa su un lavoro di ricostruzione filologica del testo originale tedesco, che in questa edizione viene accompagnato, per gentile concessione della Stadtbibliothek di Hannover, dalla riproduzione di una lettera dell’autore del 1947 in cui compare l’ultima stesura manoscritta della poesia.

Col titolo La lotteria del giardino zoologico Kurt Schwitters firma un racconto satirico e grottesco, la cui prima stesura risale al 1926. La storia di uno zoo che si disfa dei suoi animali attraverso una lotteria è imbastita in una scrittura brillante e divertente, ma animata da una vena di tragica amarezza sulla natura dell’essere umano tra le aporie del primo Novecento europeo. Finora inedito in lingua italiana, il racconto, tradotto e annotato da Giulia A. Disanto dell’Università del Salento, è qui proposto accompagnato dalle illustrazioni appositamente realizzate da Alberto Rebori prima della sua prematura scomparsa, scelte e incastonate graficamente da Maurizio Minoggio.

Lernstrategien, ihre Vermittlung und ihr Erwerb sind seit den 1980er Jahren verstärkt in den Fokus der Fremdsprachendidaktik getreten, vor allem im Zusammenhang mit zentralen Themen wie autonomes, lebenslanges Lernen und Mehrsprachigkeit. Die Erkenntnis, dass der Einsatz von Strategien zur Kompetenz eines jeden (Fremdsprachen-)Lernenden gehört bzw. gehören sollte, da diese wesentlich zur Optimierung des Lernprozesses beitragen können, hat sich mittlerweile durchgesetzt. Noch liegen jedoch nur wenige fundierte Untersuchungen aus der Forschung und der unterrichtlichen Praxis zu diesem Thema vor. Die Beiträge in diesem Band schließen diese Lücke. Neben theoretischen Überlegungen steht dabei die Vorstellung von Ergebnissen aus empirischen Erhebungen und Erkenntnissen aus der Praxis im Mittelpunkt.

Mehrsprachigkeit sowie das Neben- und Miteinander verschiedener Kulturen erleben wir zunehmend im Alltag, wesentlich konzentrierter jedoch im Fremdsprachenunterricht. Die Konfrontation mit sprachlicher und kultureller Vielfalt und der konstruktive Umgang damit sind für die Lernenden eine große Herausforderung. Ein reflektierendes und bewusstmachendes Vorgehen kann und sollte dabei die Entwicklung interkultureller und symbolischer Kompetenzen sowie die Auseinandersetzung mit identitären Aspekten einbeziehen. Wie das gelingt und welche Bedeutung die Reflexivität für kultur- und sprachbezogene Lernprozesse hat, zeigt Beate Baumann am Beispiel eines didaktischen Projekts, in dem sich italienische DaF-Lernende in einem internationalen Lernsetting mit Texten der interkulturellen Literatur auseinandergesetzt haben.

„Der Tod des Empedokles“, „Ödipus der Tyrann“ und „Antigonä“ gehören heute unstreitig zum Theaterrepertoire. Dank der Bearbeitungen und Inszenierungen großer Dramatiker und Regisseure gilt Friedrich Hölderlins ganzes sprachlich-gedankliches Werk seit einigen Jahren als bühnentauglich. Von dieser Bestandsaufnahme inspiriert, rekonstruiert vorliegende Studie die Produktion und Rezeption der Empedokles- und Sophokles-Projekte und die Hölderlin-Transformationen im Drama und Theater bis heute. Beide Werkkomplexe werden in Teil I als ‚antik-moderne‘ Theaterentwürfe untersucht, während in Teil II das erste Jahrhundert ihrer bühnenfernen, nuancenreichen Rezeption neu erschlossen wird. Teil III ist den hundert Jahren dramatischer und szenischer Adaption seit den Uraufführungen gewidmet. Die Untersuchung versteht sich als innovativer Beitrag zur Forschung über Hölderlin und dessen wechselvolle Nachwirkung. Zur Erfassung der Antike-Rezeption (Sophokles, Empedokles) trägt die Studie ebenso bei wie zur Neuperspektivierung kulturhistorischer Tendenzen, etwa die Romantik-Nietzsche-Moderne-Linie oder die Entwicklung vom episch-politischen Theater Brechts über Heiner Müller, Peter Weiss und Elfriede Jelinek bis hin zur postdramatischen Ästhetik.

Il volume costituisce un tentativo di analisi dell’immenso carteggio che Alexander von Humboldt (1769–1859) tenne nel corso della sua lunga vita con le più disparate personalità: Goethe, Schiller, Lichtenberg, Thomas Jefferson, ecc. La scrittura epistolare fu per Humboldt un colloquio a distanza, un luogo dove affermare la propria persona come scrittore e come scienziato e dove imporre il proprio lavoro sia sul piano scientifico che su quello artistico e sociale. Il suo carteggio non solo accompagna e testimonia le varie fasi evolutive delle sue opere, la più famosa delle quali è Kosmos — Entwurf einer physischen Weltbeschreibung (1845–1862), ma porta anche alla luce la sua aspirazione letteraria.

In questo volume, l’opera di Nestroy viene presentata attraverso un’analisi del processo creativo di riadattamento di opere preesistenti. Lo studio delle sue fonti ha consentito di individuare le relazioni intessute dall’autore con la letteratura austriaca ed europea, partendo dalla tradizione a lui precedente fino a giungere alla sua contemporaneità.

Stefan Zweig (1881-1942), ebreo viennese, cosmopolita e pacifista, negli Anni Venti e Trenta, uno dei massimi successi letterari, tra gli autori di lingua tedesca più letti e tradotti al mondo, fu il primo scrittore a inserire la psicanalisi freudiana nella narrativa. Il volume esamina la figura di Stefan Zweig da una prospettiva storico-culturale. L'analisi della produzione letteraria del famoso scrittore austriaco - dalla celebre autobiografia "Il mondo di ieri", a novelle come Amok, Paura, "La novella degli scacchi", alle innovative biografie psicologiche di Balzac, Romain Rolland, Fouché, Maria Antonietta, Erasmo da Rotterdam, Maria Stuarda, ai diari, agli epistolari, alle traduzioni, alla vasta saggistica, alla contraddittoria pubblicistica bellica - si intreccia alla ricostruzione critica degli ambienti e delle sfere della sua attività: la facoltosa famiglia dell'alta borghesia asburgica, le due mogli, la comunità intellettuale internazionale con cui entrò in contatto, i grandi editori. Affiora il ritratto di un patriota austriaco, mai nazionalista, di un grande europeo e di un ostinato europeista.

L'opera di Wolfgang Hildesheimer (1916-1991) sta progressivamente scomparendo dalla coscienza letteraria odierna, quasi a conferma della definizione che l'io di Vergebliche Aufzeichnungen (1962) dà della propria scrittura: uno sforzo tanto onesto quanto inutile. A metà degli anni Settanta, nel noto discorso The End of Fiction, l'autore prende le distanze da certe tendenze della letteratura contemporanea, parlando della fine dell'epoca delle grandi finzioni narrative a seguito della cesura storica dei campi di sterminio, una realtà questa, che egli aveva conosciuto da vicino durante la sua attività di interprete a Norimberga e alla quale, come ebreo, era sfuggito grazie all'emigrazione della famiglia in Palestina. Qualche anno dopo, Hildesheimer estremizza la sua posizione e sceglie il silenzio, affermando l'impossibilità della letteratura in un mondo «senza amore». Questo numero di «Cultura Tedesca» rappresenta il primo studio italiano sistematico su Hildesheimer e propone un percorso di analisi su un'opera ancora capace di interessare e il cui valore letterario la critica internazionale, in particolare tedesca, ha riconosciuto da tempo. Il percorso ha preso avvio da un convegno tenutosi presso l'Università di Pisa nel dicembre 2016, in occasione del centenario della nascita dell'autore. L'assunzione di un'ottica necessariamente storica e interdisciplinare, così come la trattazione di testi e temi finora scarsamente studiati, fanno del volume un contributo originale alla ricerca sull'autore e sulla letteratura tedesca del secondo Novecento.
L’indice del volume è consultabile al seguente link: universitypress.unisob.na.it/ojs/index.php/culturatedesca/issue/view/75

La letteratura del Primo Novecento è legata ai nomi di Mann, Brecht, Broch, Dòöblin, Hesse, Roth, Stefan Zweig e tanti altri, che scelsero, all'ascesa di Hitler al potere, l'esilio. Eppure in Germania si continuò a scrivere e a pubblicare. Accanto al manipolo di autori nazisti, irrilevanti letterariamente, i principali scrittori, che restarono, parteciparono a quella esperienza, che si è convenuto chiamare "Emigrazione Interna''. Il carattere distintivo di tale letteratura può essere identificato nella "impoliticità" dei testi, una impoliticità che può essere ricollegata alla tradizione luterana della distanza dalla sfera del potere. Ciò imponeva comportamenti ambigui e ambivalenti, in una difficile partita a scacchi col regime: il loro silenzio poteva essere anche assordante di fronte ai crimini che venivano perpetrati e che erano sempre più conosciuti e riconosciuti. Resta il fatto che, in quell'epoca drammatica, tanti scrittori si ritirarono dalla scena, talvolta interrompendo di scrivere (o scegliendo il suicidio come Jochen Klepper) o cercando nello scrivere un mondo altro, lontano dal "buio" dell'ora. I temi, scelti da questi autori, sono tornati ora al centro del dibattito attuale a proposito delle radici culturali profonde del populismo, dell'identità nazionale, del rapporto con l'altro, sicché la "Emigrazione interna" si rivela essere uno snodo decisivo della letteratura del nostro tempo.

Il dramma di Jakob Michael Reinhold Lenz, Pandämonium Germanicum (1775), è un'ascesa-discesa metaforica nel Parnaso letterario tedesco del XVIII secolo, dove la salita alle sublimi vette goethiane cui tutti i poeti aspirano si rovescia, tragicamente, nel suo opposto. La satira conduce nel vivo del movimento culturale dello Sturm und Drang, osservato da Lenz nelle sue contraddizioni: con gli occhi di un ambivalente sentimento di amicizia, ammirazione e invidia verso Goethe, ispiratore e astro di quello stesso movimento, e della temperie storica che lo aveva generato. L'opera, che ha per protagonisti gli stessi Lenz e Goethe, insieme a molte altre figure di scrittori e intellettuali dell'epoca, è un piccolo classico di estetica e storia della letteratura tedesca di fine Settecento: mette in scena al tempo stesso gli ideali artistici stürmeriani e la poetica lenziana come genere propriamente satirico e tragi-comico.

Prendendo l'avvio dalla sorprendente presenza tra i profughi austriaci nella Bari del 1944 di tre nomi rilevanti della letteratura austriaca dell'esilio: Franz Theodor Csokor, Alexander Sacher-Masoch e Hermann Hakel, il presente volume tenta di riportare e approfondire quanto del soggiorno barese sia rimasto intessuto nelle loro opere. L'esposizione dei risultati di questa ricerca, per buona parte incentrata sull'anno 1944 tenterà di mettere in luce, attraverso una sintetica ricostruzione biografica, la dimensione esistenziale, la produzione letteraria e l'attività quotidiana di tre intellettuali austriaci catapultati, dopo varie peripezie, dalla Vienna dell'Anschluß del 1938 nella Bari alleata del 1944, ovvero nel centro nevralgico del primo lembo di Europa libera.

Sogno o reminiscenza, l'Italia è la meta lontana di un viaggio che sul filo della nostalgia e della memoria si dipana lungo un secolo nella vita di tre generazioni di un'illustre famiglia tedesca: i Goethe. Johann Caspar Goethe, padre di Johann Wolfgang visita la penisola nel 1740 e annota inesauribili impressioni sulla classicità, sull'arte, sulla natura e sul popolo italiani. Tra il 1786 e il 1788 Johann Wolfgang von Goethe percorre tutta l'Italia fino alla scoperta della civiltà ellenica nell'estremo sud europeo, la Sicilia. Suo figlio, August von Goethe, riprende nel 1830 il cammino per rinascere come i suoi avi nella felicità italiana, ma il suo tour termina tragicamente a Roma, dove è sepolto nel cimitero acattolico degli stranieri alla Piramide Cestia, un luogo che suo padre durante il suo viaggio italiano aveva profeticamente dipinto due volte. Il libro ripercorre attraverso una scelta di passi - in parte inediti - le tappe comuni dell'esperienza affascinante e straniante del sud e in un'indagine comparativa ne restituisce visioni e suggestioni in unisono e in contrappunto.

Il mito di Edipo, figlio parricida e incestuoso, ha continuato in ogni tempo ad affascinare lettori e scrittori, artisti e uomini di scienza. La tragedia in versi "Ödipus und die Sphinx" (1906) di Hugo von Hofmannsthal (1874-1929) mette in scena un Edipo moderno, dalle inquietudini freudiane. Ma il fatale responso della Pizia, qui riproposto in chiave psicoanalitica come interpretazione dei sogni di Edipo prima ancora che come profezia di futuri tragici eventi, finisce per assumere inconsapevolmente nelle parole del protagonista una funzione di metafora, per quanto paradossale, della condizione umana, della instancabile ricerca di una necessità superiore che sottragga le azioni dell'uomo al potere del caso e all'apparente relatività dell'esistenza. Proprio questo motivo conferisce unità e coerenza a un testo caratterizzato da una ricchissima e disarmante molteplicità di reminiscenze letterarie antiche e moderne, da Calderón a d'Annunzio, attraverso Péladan, e lascia allo stesso tempo intravedere gli sviluppi futuri dell'opera di Hofmannsthal. Il volume è arricchito da documenti inediti e corredato di un indice dei nomi.

Il volume raccoglie gli scritti sparsi dell’autore come sono rimasti nelle registrazioni digitali in suo possesso. Si tratta di 83 titoli, alcuni in italiano altri in tedesco, nei quali appaiono i nuclei più rilevanti dei suoi interessi di ricerca (Rilke, Heine, Goethe) oltre a numerosi contributi su altri autori, periodi e problemi di germanistica e comparatistica. Compaiono anche alcuni inediti, solitamente letti in pubblico, senza che trovassero poi la via della pubblicazione. Dalla raccolta rimangono esclusi — oltre a scritti non più reperibili in formato digitale — in ragione dei limiti cronologici dell’“archivio informatico” dell’autore, scritti anteriori, che sopravvivono nella sola forma tipografica: la loro assenza non significa perciò un rifiuto da parte dell’autore. Nell’evoluzione di tematiche, punti di interesse e impostazioni si potrà leggere, filtrata attraverso la storia personale, qualche cosa dello sviluppo degli studi letterari italiani negli ultimi decenni.