Segnalazioni editoriali
Con contributi di: R. Calzoni, M. Cavalleri, F. Ferrari, M. Latini, S. Marino, E.S. Storace, F.R. Recchia Luciani, A. Tommasi, e con un inedito di G. Anders.
Tramite la creazione di storie, l’uomo organizza l’esperienza di sé e del mondo, il proprio vissuto, biologico e immaginario, la propria identità. E, a volte, attinge alla bellezza, nella configurazione stilistico-simbolica del testo letterario e nella sua fruizione. In Storie Menti Mondi, l’esperienza letteraria viene indagata come fenomeno dinamico, fisiologico, emotivo e cognitivo, in relazione ai processi mentali che generano il proprium di ogni creazione artistica e lo riconfigurano nell’atto della lettura. A partire dalle specificità linguistiche, formali, stilistiche e simboliche di un’opera, la neuroermeneutica consente di interpretare il testo come dispositivo di ricerca antropologica, in quanto spazio privilegiato per una riflessione sui processi di ordine fisico, emotivo e cognitivo implicati dall’immaginazione tanto nell’atto creativo che in quello della fruizione estetica. Alla luce di tale approccio, che tiene conto dell’interazione fra ermeneutica, antropologia letteraria, studi sulla cognizione, sulla simulazione incarnata, sull’empatia e sui correlati neurali dell’esperienza estetica, è possibile dischiudere nuove prospettive critiche in merito all’esegesi del testo, come anche in relazione alla cultura in cui ogni opera s’inscrive, e offrire nuovi spunti di riflessione sui processi della mente impegnata nell’immaginazione creativa e fruitiva di storie: infiniti mondi, che si condensano e riaffiorano dalle pagine, tramite cui l’essere umano tenta di costruire significati sempre nuovi per il suo essere nel mondo, in una esauribile tensione verso la bellezza.
La poetologia della conoscenza di Heinrich von Kleist si configura come un viaggio nella mente umana, nelle sue capacità conoscitive e immaginative, nelle sue labilità e nei suoi trascendimenti. La totalità romantica è infranta e il linguaggio è il materiale magmatico di attraversamento del reale e della mente: in ciò si esprime un progetto epistemico che, muovendo dall’orizzonte biologico della corporeità, si realizza in virtù della forza poietica del linguaggio, nella narrazione.
La scrittura di Heinrich von Kleist è caratterizzata da una processualità narrativa e da una ricerca sulla realtà messe in atto attraverso veri e propri esperimenti, sempre animati dalla sfida che lo scrittore lancia ai limiti della parola e della capacità umana di conoscere la realtà. Vivendo in prima persona, nella sua tormentosa vicenda biografica, la sconfitta e l’inadeguatezza umana rispetto al reale, tramite una paradossale narrazione sperimentale, Kleist realizza una poetologia della conoscenza sulle dinamiche del mondo fisico, del pensiero, della storia. In essa s’invera il progetto utopico di correggere la vita, d’illuminare l’opacità del mondo, di oltrepassare l’angusto spazio dell’esistenza.
Contributi di Alessandro Baldacci, Marco Rispoli, Luca Zenobi, Elena Agazzi, Marco Meli, Paola Quadrelli, Giulia Cantarutti, Tatiana Bisanti, Sotera Fornaro, Maurizio Pirro, Stefania De Lucia, Gabriele Guerra, Amelia Valtolina
Il distacco dalla Storia in cui Gottfried Benn coltivò il suo pensiero, e la conseguente scelta di un intellettualismo che proprio perla sua ferocia ci appare oggi paradossalmente militante, un sovrano atto di resistenza, possono dirci ancora molto della realtà del mondo storico e della condizione umana, anche quella odierna (...) Un discorso critico sull'intelligenza poetica di questa parola e sulla sua presenza in diverse fasi della recente storia culturale, qui ricostruite per la prima volta in una sorta di ritratto italiano dell'opera di Benn, si sostanzia, in termini più generali, soprattutto come discorso sul rapporto tra la cultura tedesca e la cultura italiana,nonché come spunto di riflessione sul ruolo e il significato della poesia in una impoetica contemporaneità.
Con questo primo numero, dedicato al tema del rapporto fra verità e menzogna, si dà inizio ai «Quaderni di Germanistica» promossi dall’Associazione Italiana di Germanistica (AIG). Seguito a un call for papers fra i soci, questo volume ha inteso promuovere una nuova pubblicazione che attesti l’esito di studi e ricerche su singoli temi, di volta in volta scelti e proposti dai curatori, membri della Giunta, come nuclei tematici privilegiati. In una prospettiva corale, aperta a tutti i soci, si intende presentare un discorso che dia il segno della ricchezza dei punti di vista nonché delle differenze di metodi e di approcci interni alla germanistica italiana. Ai saggi dei soci si sono voluti aggiungere due contributi di colleghi tedeschi, Mathias Mayer e Jörg Meibaur, che vogliamo qui ringraziare per la loro calorosa adesione alla nostra iniziativa.
La consapevolezza di essere un autore risiede per me nel tentativo di diventare, con i miei mezzi e con la maggiore qualità letteraria e intellettuale possibile, un Sartre del mio tempo". Quest'affermazione di Robert Menasse riassume bene il programma artistico ed etico di un autore che ha fatto dell'indagine critica della contemporaneità il senso stesso della scrittura. A partire dalla fine degli anni Ottanta, la sua ricca produzione saggistica e squisitamente letteraria pone sotto la lente di ingrandimento la realtà sociale, politica e culturale non solo dell'Austria, ma dell'intera Europa. Scrittore colto e attento, Menasse mostra con lucidità, attraverso l'uso della parodia, della citazione letteraria e dell'auto-citazione, un presente che, senza alcuna consapevolezza, persevera negli errori del passato e si prepara a ripeterli in futuro. Nella sua scrittura dal procedere raffinatamente post-moderno, il pensiero hegeliano e una nuova filosofia della storia si intrecciano a una rappresentazione chiara, spesso umoristica, dell'oggi e delle sue storture.
Il volume presenta al pubblico italiano lo scrittore austriaco, vincitore del Deutscher Buchpreis per l'anno 2017, analizzando i nodi tematici e le qualità artistiche della sua stimolante produzione saggistica, narrativa e drammaturgica.
l volume raccoglie ventuno saggi scritti nell’arco degli ultimi quindici anni e usciti in rivista oppure in volumi collettanei, rivisti, modificati, aggiornati, in alcuni casi tradotti dall’autore. In larga prevalenza si tratta di saggi sul cinema tedesco e sull’Autorenkino che si articolano intorno a tre assi principali.
Il primo è il rapporto fra cinema e letteratura, con saggi su trasposizioni da opere di Hoffmann, Kleist, Fontane, Kafka, Th. Mann, Schnitzler realizzate da registi del calibro di Orson Welles, Luchino Visconti, Rainer Werner Fassbinder e altri non meno importanti. La seconda parte si concentra sul rapporto privilegiato fra cinema e storia in area tedesca con alcuni case studies per esempio su cinema e guerra, cinema e terrorismo con l’analisi di pellicole di registi come Alexander Kluge e Michael Haneke. La terza parte, infine, riguarda i rapporti fra Germania e Italia, cinque saggi che cercano dai più diversi punti di vista di illuminare questa talora controversa relazione.
Questo volume indaga le modalità attraverso le quali determinati concetti, metafore e narrazioni «migrano» non solo da un ambito lessicale a un altro, ma soprattutto da una nazione all’altra, aprendo così la via a uno studio transnazionale della letteratura e della traduzione. Focalizzandosi sulla lingua letteraria tedesca, i saggi qui raccolti dimostrano, inoltre, che tale transito fra ambiti e lingue è sempre un processo dinamico e basato sulla «traduzione», cioè sul «portare altrove» un concetto, una metafora o una narrazione attraverso un atto linguistico che diventa un gesto di disseminazione e circolazione del sapere fra culture differenti.
Saggi di Elena Agazzi, Laura Balbiani, Bruno Berni, Raul Calzoni, Gloria Colombo, Guglielmo Gabbiadini, Lucia Salvato, Silvia Vezzoli e Ada Vigliani.
A differenza delle numerose illustrazioni della morte apparente di Biancaneve nella bara di cristallo, del sonno centenario della bella addormentata, quali immagini ci vengono in mente per la scena di Cappuccetto Rosso nella pancia del lupo? Le tre fiabe grimmiane ci consegnano dapprima la presenza di due assenze — morte apparente, sonno — e poi il buio, l’assenza di un’assenza: ognuna di esse avviene come dall’interno di una immaginaria crisalide, un rifugio intimo e protetto, che consente un passaggio alla successiva fase di sviluppo. Preceduto dai luoghi preparatori della casa e del bosco, in cui liberarsi della vecchia identità e rinascere come donne nuove, è nello spazio aprospettico della fiaba, riflesso di antichi riti di passaggio, che le metamorfosi fisiche ed esistenziali si compiono nei pressi di luoghi liminali tra vita e morte, essere umano e mondo, habitus e habitat, cultura e ambiente, finitezza costitutiva dell’essere umano e il necessario ampliarsi verso spazi originari.
Con il titolo Augusta Bolte si presenta per la prima volta in lingua italiana e in edizione commentata il “Sensationsroman”, in forma di tesi di dottorato con note a piè di pagina, di Kurt Schwitters, originariamente pubblicato come Tran Nr. 30. Auguste Bolte (Ein Lebertran) dalla casa editrice Der Sturm di Berlino nel 1923. Questo testo è seguito dalla traduzione della poesia AN ANNA BLUME! (A ANNA BELFIORE!), il componimento più noto ed emblematico dell’artista. La versione italiana si basa su un lavoro di ricostruzione filologica del testo originale tedesco, che in questa edizione viene accompagnato, per gentile concessione della Stadtbibliothek di Hannover, dalla riproduzione di una lettera dell’autore del 1947 in cui compare l’ultima stesura manoscritta della poesia.
Col titolo La lotteria del giardino zoologico Kurt Schwitters firma un racconto satirico e grottesco, la cui prima stesura risale al 1926. La storia di uno zoo che si disfa dei suoi animali attraverso una lotteria è imbastita in una scrittura brillante e divertente, ma animata da una vena di tragica amarezza sulla natura dell’essere umano tra le aporie del primo Novecento europeo. Finora inedito in lingua italiana, il racconto, tradotto e annotato da Giulia A. Disanto dell’Università del Salento, è qui proposto accompagnato dalle illustrazioni appositamente realizzate da Alberto Rebori prima della sua prematura scomparsa, scelte e incastonate graficamente da Maurizio Minoggio.
Lernstrategien, ihre Vermittlung und ihr Erwerb sind seit den 1980er Jahren verstärkt in den Fokus der Fremdsprachendidaktik getreten, vor allem im Zusammenhang mit zentralen Themen wie autonomes, lebenslanges Lernen und Mehrsprachigkeit. Die Erkenntnis, dass der Einsatz von Strategien zur Kompetenz eines jeden (Fremdsprachen-)Lernenden gehört bzw. gehören sollte, da diese wesentlich zur Optimierung des Lernprozesses beitragen können, hat sich mittlerweile durchgesetzt. Noch liegen jedoch nur wenige fundierte Untersuchungen aus der Forschung und der unterrichtlichen Praxis zu diesem Thema vor. Die Beiträge in diesem Band schließen diese Lücke. Neben theoretischen Überlegungen steht dabei die Vorstellung von Ergebnissen aus empirischen Erhebungen und Erkenntnissen aus der Praxis im Mittelpunkt.
Mehrsprachigkeit sowie das Neben- und Miteinander verschiedener Kulturen erleben wir zunehmend im Alltag, wesentlich konzentrierter jedoch im Fremdsprachenunterricht. Die Konfrontation mit sprachlicher und kultureller Vielfalt und der konstruktive Umgang damit sind für die Lernenden eine große Herausforderung. Ein reflektierendes und bewusstmachendes Vorgehen kann und sollte dabei die Entwicklung interkultureller und symbolischer Kompetenzen sowie die Auseinandersetzung mit identitären Aspekten einbeziehen. Wie das gelingt und welche Bedeutung die Reflexivität für kultur- und sprachbezogene Lernprozesse hat, zeigt Beate Baumann am Beispiel eines didaktischen Projekts, in dem sich italienische DaF-Lernende in einem internationalen Lernsetting mit Texten der interkulturellen Literatur auseinandergesetzt haben.
„Der Tod des Empedokles“, „Ödipus der Tyrann“ und „Antigonä“ gehören heute unstreitig zum Theaterrepertoire. Dank der Bearbeitungen und Inszenierungen großer Dramatiker und Regisseure gilt Friedrich Hölderlins ganzes sprachlich-gedankliches Werk seit einigen Jahren als bühnentauglich. Von dieser Bestandsaufnahme inspiriert, rekonstruiert vorliegende Studie die Produktion und Rezeption der Empedokles- und Sophokles-Projekte und die Hölderlin-Transformationen im Drama und Theater bis heute. Beide Werkkomplexe werden in Teil I als ‚antik-moderne‘ Theaterentwürfe untersucht, während in Teil II das erste Jahrhundert ihrer bühnenfernen, nuancenreichen Rezeption neu erschlossen wird. Teil III ist den hundert Jahren dramatischer und szenischer Adaption seit den Uraufführungen gewidmet. Die Untersuchung versteht sich als innovativer Beitrag zur Forschung über Hölderlin und dessen wechselvolle Nachwirkung. Zur Erfassung der Antike-Rezeption (Sophokles, Empedokles) trägt die Studie ebenso bei wie zur Neuperspektivierung kulturhistorischer Tendenzen, etwa die Romantik-Nietzsche-Moderne-Linie oder die Entwicklung vom episch-politischen Theater Brechts über Heiner Müller, Peter Weiss und Elfriede Jelinek bis hin zur postdramatischen Ästhetik.
Il volume costituisce un tentativo di analisi dell’immenso carteggio che Alexander von Humboldt (1769–1859) tenne nel corso della sua lunga vita con le più disparate personalità: Goethe, Schiller, Lichtenberg, Thomas Jefferson, ecc. La scrittura epistolare fu per Humboldt un colloquio a distanza, un luogo dove affermare la propria persona come scrittore e come scienziato e dove imporre il proprio lavoro sia sul piano scientifico che su quello artistico e sociale. Il suo carteggio non solo accompagna e testimonia le varie fasi evolutive delle sue opere, la più famosa delle quali è Kosmos — Entwurf einer physischen Weltbeschreibung (1845–1862), ma porta anche alla luce la sua aspirazione letteraria.
In questo volume, l’opera di Nestroy viene presentata attraverso un’analisi del processo creativo di riadattamento di opere preesistenti. Lo studio delle sue fonti ha consentito di individuare le relazioni intessute dall’autore con la letteratura austriaca ed europea, partendo dalla tradizione a lui precedente fino a giungere alla sua contemporaneità.
Stefan Zweig (1881-1942), ebreo viennese, cosmopolita e pacifista, negli Anni Venti e Trenta, uno dei massimi successi letterari, tra gli autori di lingua tedesca più letti e tradotti al mondo, fu il primo scrittore a inserire la psicanalisi freudiana nella narrativa. Il volume esamina la figura di Stefan Zweig da una prospettiva storico-culturale. L'analisi della produzione letteraria del famoso scrittore austriaco - dalla celebre autobiografia "Il mondo di ieri", a novelle come Amok, Paura, "La novella degli scacchi", alle innovative biografie psicologiche di Balzac, Romain Rolland, Fouché, Maria Antonietta, Erasmo da Rotterdam, Maria Stuarda, ai diari, agli epistolari, alle traduzioni, alla vasta saggistica, alla contraddittoria pubblicistica bellica - si intreccia alla ricostruzione critica degli ambienti e delle sfere della sua attività: la facoltosa famiglia dell'alta borghesia asburgica, le due mogli, la comunità intellettuale internazionale con cui entrò in contatto, i grandi editori. Affiora il ritratto di un patriota austriaco, mai nazionalista, di un grande europeo e di un ostinato europeista.
L'opera di Wolfgang Hildesheimer (1916-1991) sta progressivamente scomparendo dalla coscienza letteraria odierna, quasi a conferma della definizione che l'io di Vergebliche Aufzeichnungen (1962) dà della propria scrittura: uno sforzo tanto onesto quanto inutile. A metà degli anni Settanta, nel noto discorso The End of Fiction, l'autore prende le distanze da certe tendenze della letteratura contemporanea, parlando della fine dell'epoca delle grandi finzioni narrative a seguito della cesura storica dei campi di sterminio, una realtà questa, che egli aveva conosciuto da vicino durante la sua attività di interprete a Norimberga e alla quale, come ebreo, era sfuggito grazie all'emigrazione della famiglia in Palestina. Qualche anno dopo, Hildesheimer estremizza la sua posizione e sceglie il silenzio, affermando l'impossibilità della letteratura in un mondo «senza amore». Questo numero di «Cultura Tedesca» rappresenta il primo studio italiano sistematico su Hildesheimer e propone un percorso di analisi su un'opera ancora capace di interessare e il cui valore letterario la critica internazionale, in particolare tedesca, ha riconosciuto da tempo. Il percorso ha preso avvio da un convegno tenutosi presso l'Università di Pisa nel dicembre 2016, in occasione del centenario della nascita dell'autore. L'assunzione di un'ottica necessariamente storica e interdisciplinare, così come la trattazione di testi e temi finora scarsamente studiati, fanno del volume un contributo originale alla ricerca sull'autore e sulla letteratura tedesca del secondo Novecento.
L’indice del volume è consultabile al seguente link: universitypress.unisob.na.it/ojs/index.php/culturatedesca/issue/view/75
La letteratura del Primo Novecento è legata ai nomi di Mann, Brecht, Broch, Dòöblin, Hesse, Roth, Stefan Zweig e tanti altri, che scelsero, all'ascesa di Hitler al potere, l'esilio. Eppure in Germania si continuò a scrivere e a pubblicare. Accanto al manipolo di autori nazisti, irrilevanti letterariamente, i principali scrittori, che restarono, parteciparono a quella esperienza, che si è convenuto chiamare "Emigrazione Interna''. Il carattere distintivo di tale letteratura può essere identificato nella "impoliticità" dei testi, una impoliticità che può essere ricollegata alla tradizione luterana della distanza dalla sfera del potere. Ciò imponeva comportamenti ambigui e ambivalenti, in una difficile partita a scacchi col regime: il loro silenzio poteva essere anche assordante di fronte ai crimini che venivano perpetrati e che erano sempre più conosciuti e riconosciuti. Resta il fatto che, in quell'epoca drammatica, tanti scrittori si ritirarono dalla scena, talvolta interrompendo di scrivere (o scegliendo il suicidio come Jochen Klepper) o cercando nello scrivere un mondo altro, lontano dal "buio" dell'ora. I temi, scelti da questi autori, sono tornati ora al centro del dibattito attuale a proposito delle radici culturali profonde del populismo, dell'identità nazionale, del rapporto con l'altro, sicché la "Emigrazione interna" si rivela essere uno snodo decisivo della letteratura del nostro tempo.